COSA E’… LA TIMIDEZZA?

La timidezza è, nonostante le apparenze, uno dei più diffusi problemi relazionali e comportamentali presenti al giorno d’oggi.

Anche se apparentemente viviamo in un’epoca che sembra fatta di comportamenti sempre più liberi e disinibiti, esiste una gran fetta della popolazione che, vuoi negli studi di psicoterapia, vuoi con i propri amici sulle chat, lamenta una grande difficoltà ad iniziare rapporti e contatti con sconosciuti.

La timidezza può essere definita come una caratteristica psichica che condiziona il comportamento, producendo indecisione, tensione, rigidità e disagio nelle relazioni (a causa della mancanza di fiducia in sè o di carenza di abilità sociali). Inoltre le persone timide hanno il timore di essere giudicati e cercano di evitare i rapporti interpersonali.

La timidezza puo’ essere considerata come un continuum di “ansia sociale” che va dalla timidezza temporanea, che si manifesta in certe situazioni, e quindi definita in qualche modo normale, fino a patologia, quando diventa estrema, arrivando alla fobia sociale o al disturbo evitante di personalità.

La maggior parte delle persone possono sperimentare la timidezza in una o un’altra circostanza, ma quando la timidezza è eccessiva la persona può andare incontro a gravi difficoltà in ambito lavorativo e in quello personale.

Se la timidezza estrema compromette la funzionalità della persona e diventa così patologica allora è il caso di rivolgersi ad uno specialista.

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Le conseguenze della timidezza sono

  • ridotte o inesistenti capacità di fare nuove conoscenze e amici

  • impossibilità di creare una situazione di nuove esperienze in termini sociali

  • timore verso le autorità e le persone di sesso opposto

  • a causa di eccessiva fissazione sui propri sentimenti e comportamenti le persone timide non riescono a comportarsi in modo adeguato e pensare con chiarezza

  • comportamento eccessivamente disinibito, dietro cui qualche soggetto eccessivamente timido cerca di nascondere le proprie inibizioni, ma dando di sé una brutta impressione;

In definitiva, è evidente che la timidezza può creare una condizione stressante che favorisce l’insorgenza della depressione.

Tutte le manifestazioni della timidezza possono essere suddivise in:

Esterne (comportamentali) – la persona timida è riluttante ad entrare in contatto con gli estranei, evita il contatto visivo, a volte arrossisce in modo eclatante, ed esita ad avviare e mantenere una conversazione, parla a bassa voce e non fa domande. Si esprime con difficoltà, evitando di parlare liberamente con altre persone e così si può creare un circolo vizioso – più la persona è timida e meno comunica con gli altri per cui ha meno abilità di comunicazione e questo alimenta a sua volta la sua timidezza.

Interne (psico-emotive) – la persona timida da questo punto di vista molto vulnerabile al livello psichico, sensibile alle critiche dall’esterno, e allo stesso tempo tende a criticare se stesso. E’ costantemente focalizzato sui propri errori e difetti e ha timore di essere frainteso e deriso. Si concentra sui sentimenti spiacevoli, e immaginando in anticipo le conseguenze negative delle esperienze rinuncia a qualsiasi azione per il timore che farà una cattiva impressione sugli altri. Può avere la voglia di fuggire o le sensazioni si soffocamento, o sentirsi paralizzato

Fisiologiche – pulsazioni e battito cardiaco accelerati, sudorazione eccessiva, rossore della pelle. Alcune persone possono avere la sensazione di vuoto o di freddo nell’addome. Questi sintomi si verificano in condizioni di stress emotivo, noto a tutte le persone che, in un modo o nell’altro a volte li hanno sperimentato, ma nelle persone timide questi sentimenti sono moltiplicati a causa di una focalizzazione eccessiva sui sentimenti negativi. Inoltre si possono verificare i disturbi della respirazione (respiro corto o aritmico), della parola (come balbuzie o parole strozzate), delle secrezioni (bocca secca, mani sudate), muovimenti poco coordinati e tremori.

Ci sono diversi punti di vista, che spiegano le cause della timidezza. Due filoni principali possono essere distinte tra tutta la varietà di opinioni: predisposizione genetica e l’influenza del contesto sociale.

Secondo alcuni ricercatori, la timidezza è ereditata nello stesso modo con cui si ereditano le capacità intellettive (quindi come tendenza che si svilupperà in un modo o nell’altro a seconda del contesto). Questi ricercatori sostengono che le persone timide sono nate con il sistema nervoso che non reagisce adeguatamente a situazioni di stress; la persona diventa dunque più vulnerabile e tende ad evitare le situazioni conflittuali e che questa caratteristica è ereditaria.

L’altro approccio vede la timidezza sotto l’aspetto dell’influenza dell’ambiente sociale in cui siamo cresciuti.

In questa ottica l’infanzia, adolescenza e le relazioni con le figure di attaccamento e contesto sociale hanno un ruolo chiave nella formazione e sviluppo della timidezza. Atteggiamenti svalutativi o richieste e aspettative elevate dei genitori, così come critiche e derisioni, possono portare alla frustrazione e senso di inferiorità e contribuire alla formazione dell’insicurezza di sé, soprattutto se i genitori a sua volta sono cresciuti timidi, e dunque incapaci di fornire modelli alternativi.

I comportamentisti focalizzati sul comportamento come esito di una serie di reazioni a stimoli ambientali esterni ritengono che le persone timide semplicemente non hanno imparato le abilità di comunicazione efficace. Secondo loro, si apprendono le azioni che vengono premiati e si astengono da quelli che sono puniti e censurati.

Gli psicoanalisti vedono la timidezza come un sintomo esterno di un conflitto interiore represso dell’inconscio. In questi termini, la timidezza è considerata come una risposta a insoddisfatti bisogni primari dell’inconscio. Il conflitto tra l’Io e l’Io ideale porta al sentimento della vergogna, mentre il senso di colpa è il risultato della tensione tra l’Io e il Super-Io.

La terapia della timidezza

L’efficacia dell’azione psicologica è determinata dal corretto isolamento delle cause di un problema.

A mio avviso, è necessario comprendere le ragioni della timidezza, e questo è possibile solo attraverso un percorso analitico.

Della timidezza possono sicuramente occuparsi, validamente, gli psicoterapeuti che seguono altri modelli di intervento: psicoterapia strategica, psicoterapia cognitiva e cognitivo-comportamentale sicuramente possono garantire ottimi risultati, e anche in tempi più rapidi di quanto non faccia un percorso analitico.

Il percorso analitico però, coerentemente alla sua teoria- non solo punta ad individuare i problemi sottostanti alla timidezza, ma cerca di comprendere se altri settori della vita del “timido” risentono dei problemi sottostanti alla timidezza.

È infatti possibile che la “timidezza” sia solo un sintomo di conflitti e problemi molto più profondi, e che fanno sentire i loro effetti anche nel campo del lavoro: il timido difficilmente riesce ad avere posizioni di prestigio e successo, o anche a poter esprimere compiutamente le proprie qualità (che spesso sono in realtà notevoli).

Il lavoro che svolgo nel mio studio, con la persona “timida”, è proprio questo: non solo cercare le cause inconsce della “timidezza”, ma anche sviluppare con fiducia e consapevolezza le qualità e le capacità che la timidezza nasconde.