COSA E’… IL PANICO?

NOTA: 
Le informazioni pubblicate in questo e negli altri articoli non sostituiscono in alcun modo i consigli, il parere, la visita, la prescrizione del medico o dello psicoterapeuta

IL PANICO ED IL DISTURBO DA ATTACCHI DI PANICO


L’attacco di panico è, per chi lo vive, qualcosa di  terrificante.

Per chi non lo vive sembra invece non esser niente: solo una specie di fissazione da parte di uno che in realtà non ha malattie di cui lamentarsi e che, anzi, qualche volta merita pure una presa in giro per questa idea strampalata che ha di “sentirsi morire” all’improvviso .

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In realtà, l’esperienza di un attacco di panico è davvero spaventosa, perché quello che la caratterizza è la sensazione di morte imminente, a volte può essere sostituita da una sensazione -altrettanto spaventosa- di “impazzire” o, ancora, di “non esistere”.

Questo ci serve per chiarire subito cosa non è il panico. Molto spesso, infatti, viene definito “attacco di panico”, quello che è un attacco di angoscia, o di ansia, magari molto forte.

L’attacco di panico è in realtà, per quanto riguarda la percezione di chi ne soffre, una situazione abbastanza diversa da un attacco di ansia o di angoscia, anche se nel DSM V (il volume che per gli psichiatri americani elenca le diagnosi psichiatriche) è incluso fra i Disturbi dell’Ansia, ed è appunto caratterizzato da una percezione di catastrofe totale e definitiva.

Qui va subito chiarito un punto: in realtà, chi dichiara di soffrire di “attacchi di panico”, sperimenta pochissimi veri attacchi di panico nella propria vita, qualche volta uno solo, altre volte due o tre. Quello che caratterizza la sindrome, però, è che quei pochissimi attacchi di panico che si hanno, possono segnare tutta la vita, perché è quasi impossibile dimenticarli, e -soprattutto- è quasi impossibile non temerne il ritorno.

La maggior parte delle volte, dunque, il problema non è tanto nell’attacco di panico in sé, quanto nell’“ansia anticipatoria” di esso. Col termine di “Ansia anticipatoria” si descrive ovviamente il terrore di essere vittima di qualcosa, in questo caso di un attacco di panico.

Il terrore che l’attacco di panico ritorni, fa sì che il soggetto tende ad evitare sempre più frequentemente, e in modo sempre più esteso, le situazioni che possono fargli insorgere una di queste crisi.

A questo punto, è opportuno parlare di un altro degli aspetti di questa sindrome, o comunque di questo problema del “panico”.

Un attacco di panico può presentarsi collegato o meno a varie occasioni: qualcuno tende ad averlo allorché si trova da solo in spazi ampi, quale può essere una piazza o un largo viale. In questo caso, si parlerà, più o meno appropriatamente, di “agorafobia” (termine che indica il timore di trovarsi o dover attraversare spazi ampi).

Per altri ancora, l’attacco di panico è collegato a doversi allontanare da solo da un ambiente familiare, come ad esempio il dover uscire di casa senza qualcuno che lo accompagni, o anche il dover utilizzare un mezzo di locomozione per recarsi in un punto diverso da quello in cui si abita o che comunque si percepisce come familiare. Che così chi ha un attacco di panico quando si trova a camminare da solo per la strada, quando è su un treno che sta per partire, quando sta su un aereo in procinto di decollare. Allo stesso modo, ed è importante poter fare questa differenza, c’è chi ha paura di avere un attacco di panico all’idea di dover uscire di casa, o di dover prendere un treno o un aereo.

In realtà, i modi per classificare e diagnosticare gli “attacchi di panico”, sono stati modificati nel tempo, e in qualche modo variano a seconda degli psichiatri che se ne occupano.

Qui seguirò la classificazione che viene riportata nel DSM IV e nel DSM V (quando differente).

Secondo il DSM – IV – TR, si definisce attacco di panico un “malessere” caratterizzato da quattro (o più) di questi sintomi :

palpitazioni, batticuore, o tachicardia

sudorazione

tremore o agitazione

sensazione di mancanza di respiro o di soffocamento

sensazione di soffocamento

dolore o fastidio al petto

nausea o disturbi addominali

sensazione di sbandamento, di instabilità, stordimento, o svenimento

sentimenti di irrealtà (derealizzazione) o di essere distaccati da se stessi (depersonalizzazione)

la paura di perdere il controllo o di impazzire

paura di morire

intorpidimento o formicolio (parestesie)

brividi o vampate di calore

Secondo gli estensori del DSM IV, se vi sono meno di quattro dei sintomi, si può parlare di attacco di panico a sintomatologia limitata.

COSA E’ IL DISTURBO DI PANICO

Il disturbo di panico è classificato come un disturbo d’ansia.

Due sono le caratteristiche necessarie:

– la presenza di attacchi di panico persistenti e tipicamente imprevisti

– presentare, per almeno un mese, il timore di incorrere in nuovi attacchi o mettere in atto una serie di comportamenti finalizzati ad evitare i futuri attacchi

TIPI DI ATTACCHI DI PANICO

Secondo il DSM -5 gli attacchi di panico possono essere di due tipi: attesi o inattesi.
Quali attesi si verificano a in virtù di una paura specifica: ad esempio, l’attacco di panico che si ha in aereo quando (e perché) si ha paura di volare è detto “atteso”.

L’attacco di panico inaspettato si verifica invece senza causa apparente, senza alcun timore precedente e nulla che segnali che l’attacco si sta per verificare.

AGORAFOBIA.

Una volta l’agorafobia era una possibile caratteristica dell’attacco di panico.

Attualmente, invece, il DSM V distingue il “disturbo di panico” dall’ “agorafobia”.

Per fare diagnosi di agorafobia, deve esser presente l’esperienza di terrore o di ansia in almeno due situazioni agorafobiche e i comportamenti di evitamento.

Per quanto riguarda le situazioni agorafobiche, possiamo definire tali l’uscire o il ritrovarsi fuori casa da soli, il trasporto pubblico (autobus, metropolitane, treni aerei, ecc), e gli spazi aperti e pubblici (come teatri, cinema, negozi), o anche una mescolanza di questi scenari.

Per quanto riguarda i comportamenti di evitamento, si tratta ovviamente di comportamenti finalizzati ad evitare attacchi di panico in situazioni agorafobiche, dalle quale sarebbe difficile fuggire o non sarebbe disponibile nessun aiuto.

In realtà, i comportamenti di evitamento –che molti agorafobici mettono in atto- compromettono gravemente e grandemente la qualità di vita del paziente, perché possono essere un ostacolo, a volte insuperabile, alla realizzazione di molte azioni e di altrettanti progetti: si pensi, ad esempio, all’impossibilità a recarsi al lavoro, all’impossibilità di seguire lezioni o sostenere esami, o anche condurre una relazione affettiva “normale” (è difficilissimo dire, ad un uomo o una donna che si sta corteggiando: “scusa, non riesco ad invitarti fuori di casa perché soffro di panico”…).

UN PO’ DI NUMERI (PER NON DARE I NUMERI…

Secondo il DSM-IV-TR (pubblicato nel 2000), il disturbo di panico esordisce a varie età, con una predilezione però per due fasce specifiche: la tarda adolescenza e i trentacinque anni.

Un numero minore di casi esordisce durante l’infanzia e la pre-adolescenza, mentre raramente insorge dopo i 45 anni. Il disturbo di panico è 2-3 volte più frequente tra le donne.

Secondo l’OMS, entro il 2020 sarà, dopo i problemi cardiovascolari, la patologia più diffusa al mondo.

Al momento, il disturbo sembra in crescita tra professionisti e persone con impieghi di responsabilità o direttivi, molto probabilmente per l’aumento di fattori stressanti di tipo socioculturale e per l’emergere di situazioni di lavoro più stressanti.

COME SI CURA UN ATTACCO DI PANICO?

Un attacco di panico passa in pochi secondi, raramente dura qualche minuto: in realtà sembra eterno, ma la sua durata è estremamente ridotta. Se chi ha il terrore di andare incontro ad un attacco di panico riesce a consapevolizzare che la durata dell’attacco non sarà mai superiore a qualche secondo, potrà trarre qualche beneficio da questa conoscenza.

Il punto veramente importante è come si cura il terrore degli attacchi di panico.

Sostanzialmente, due sono le strade per intervenire in caso di DISTURBO DI PANICO:

– psicofarmaci

– psicoterapia.

La prescrizione di psicofarmaci non va affatto demonizzata.

Nelle mani dei medici specializzati, che conoscono bene la materia e sanno adoperare gli psicofarmaci (perché non è affatto semplice saperli prescrivere adeguatamente), il sussidio farmacologico offre ottimi aiuti al paziente affetto da attacchi di panico.

Personalmente, quando un paziente necessita di una gestione psicofarmacologica del proprio disturbo, lo invio a colleghi specialisti, riservando a me la sola psicoterapia.

In questo modo, la sintomatologia regredisce rapidamente e senza effetti collaterali.

Per quanto riguarda la psicoterapia, a mio avviso si tratta dell’arma vincente, soprattutto a lunga scadenza.

Esistono molti modelli di psicoterapia, e le cifre sulla relativa efficacia a volte variano.

A mio avviso, quello che conta davvero è il terapeuta, e non tanto la tecnica. Anche perché, ammesso che esiste una psicoterapia migliore delle altre, il problema è poi chi la applica: non trattandosi di un farmaco (e già è ben conosciuto come anche la personalità del medico influisce sulla risposta alla terapia), la personalità del terapeuta (e, molto più probabilmente, il tipo di relazione che quel terapeuta stabilisce con quel paziente), diventa fondamentale.

Il mio consiglio è dunque di scegliere uno psicoterapeuta che, al di là della scuola cui dichiara di appartenere, ispiri al paziente un senso di fiducia e di empatia.

Già questo garantisce metà del risultato.

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