Come noto, la conflittualità nelle separazioni coniugali è uno dei problemi più gravi che si possono incontrare quando una coppia con figli decide di separarsi.
Nei casi di elevata conflittualità, infatti, si va incontro ad anni ed anni di cause giudiziarie estremamente stressanti, e di conflitti sempre più gravi, a cui non è estraneo il clima che si genera nelle aule giudiziarie.
Il problema più grande, in questi casi, è il coinvolgimento dei bambini in queste contese.
Il rischio che uno o entrambi i genitori cerchino di allontanare il figlio dall’altro, è infatti enorme.
Spesso, uno dei due arriva a far odiare l’altro genitore ai propri figli, giungendo a fare in modo che sia rifiutato e passino anni senza che si incontrino.
Questo è quello che io ho definito, nei miei articoli, il “mobbing genitoriale”, che si ha allorquando un genitore cerca di impedire all’altro di occuparsi del figlio (o dei figli).
Nelle situazioni di altissima conflittualità questo avviene da parte di entrambi i genitori, anche se in genere è uno dei due (più facilmente il genitore convivente) a iniziare la guerra.
Sui sabotaggi di questo tipo sono stati scritti tonnellate e tonnellate di articoli, e non è il caso di riempire questa pagina con i milioni di esempi che al riguardo si possono fare: sono infatti infiniti i modi con cui un genitore può impedire all’altro di fare il genitore, arrivando –come si dice- ad “alienargli” il figlio.
Nel corso degli anni -mi occupo di conflittualità genitoriale dal 1984- ho sviluppato una serie di interventi clinici a più livelli e tesi a gestire, quando possibile, la conflittualità genitoriale.
1) “MEDIAZIONE FAMILIARE PSICOTERAPICA”,
percorso psicoterapico in base al quale le coppie conflittuali cercano di gestire il proprio conflitto.
L’obiettivo ideale di questo percorso è, appurata l’irrevocabilità della separazione, l’arrivare a una separazione giudiziale in assenza di conflitti, e con una serie di accordi da sottoporre al giudice, nel caso tramite un proprio avvocato.
2) PSICOTERAPIA IN CASO DI MOBBING GENITORIALE
questo percorso mira a gestire il temibile stress che si sviluppa allorquando si percepiscono livelli più o meno elevati di tentativi (o, a volte, sospetti di tentativi9, da parte dell’altro genitore, di impedire il proprio rapporto con i figli.
La logica di questo percorso consiste nel tentativo di:
i) gestire l’altissimo stress che si produce in frangenti del genere (e che il più delle volte implica l’emergere di problematiche somatiche e psicopatologiche di rilievo);
ii) suggerire i comportamenti più adeguati da tenere con i propri figli e l’ex coniuge, in modo da tentare quanto più possibile:
-un recupero delle relazioni con l’ex coniuge e soprattutto con i minori;
-la limitazione del danno psichico e psicosomatico che inevitabilmente si produce;
-impedire che, come tende invece ad esser regola, emergano nel genitore mobbizzato comportamenti autodistruttivi, destinati a confermare, paradossalmente e in modo schizofrenizzante, le accuse che legittimerebbero il mobbing.
Il punto in questione è che essere oggetto di mobbing genitoriale porta con estrema facilità a comportarsi in modo da prestar spazio proprio alle accuse che si ricevono, e questo genera un corto-circuito tra accuse e pretese dimostrazioni delle accuse che annientano il genitore mobbizzato.
Ad esempio, un genitore accusato dell’altro di essere rabbioso e violento, sentendosi accusato falsamente e a rischio di perdere i figli, diventa facilmente rabbioso, e questo fa sì che chi lo accusa possa dimostrare di aver ragione.
In un certo senso, il genitore mobbizzato rischia di diventare la prova delle accuse a cui cerca di far fronte.
Sopravvivere ad un contesto del genere senza riportare danni psichici e problemi giudiziari è enormemente difficile, e nel mio studio si cerca di gestire queste situazioni con adeguati supporti psicoterapici e, se necessario, anche farmacologici.
3) PSICOTERAPIA IN CORSO DI COSIDDETTA “ALIENAZIONE GENITORIALE”
L’Alienazione Genitoriale (o PAS: Parental Alienation Syndrome) è una pretesa sindrome psicologica che porterebbe un minore a rifiutare, parzialmente oppure totalmente, i contatti con uno dei genitori, sulla base di accuse false o pretestuose.
Personalmente non mi interessa affermare o negare che la PAS sia una patologia o meno.
Di sicuro però chiunque si sia occupato professionalmente di conflitti giudiziari in tema di separazioni e affido minori, ha incontrato situazioni del genere, che possono esitare in gravissimi problemi psicologici ed esistenziali sia per i minori coinvolti, sia per gli adulti, che non raramente vanno incontro a comportamenti tragici.
Non sto qui a citare le statistiche, ma comunque si voglia inquadrare situazioni del genere, è evidente che stiamo parlando di situazioni drammatiche.
Nel mio studio, grazie anche alla mia lunga esperienza sul campo (mi occupo di separazioni conflittuali dal 1985) si cerca di offrire supporto e soluzioni ai genitori vittime di problemi del genere.
Ovviamente, si tratta di percorsi psicoterapici che cercano di gestire il terribile stress generato da queste situazioni, e a offrire consulenza nel tentativo (spesso difficile se non impossibile a breve termine) di ripristinare le relazioni interrotte tra genitori e figli.
L’obiettivo minimo che il mio percorso psicoterapico si propone, è quello -come detto prima- di gestire il terribile stress generato da contesti del genere, e quello di fare in modo che in tempi più o meno brevi (ma di norma si tratta di periodi lunghi) si abbia un recupero delle relazioni.
Il problema da considerare è che un contesto di cosiddetta “Alienazione Genitoriale” tende ad essere di difficilissima soluzione e che il genitore vittima di un tale problema deve purtroppo abituarsi, molto spesso, a pensare in termini di “futuro” della relazione e non di soddisfazione immediato dei propri desideri.
Uno degli obiettivi della terapia è proprio quello di portare il genitore vittima di questi problemi a considerare che una pesante rinuncia a “vittorie” giudiziarie e appagamento delle proprie “ragioni” (che sono quasi sempre tali!) in tema di rapporti con i propri figli, è purtroppo la contropartita che spesso si deve pagare per poter salvare -in un futuro non sempre lontano- la propria relazione con i minori cosiddetti “alienati”.
Abbiamo definito questa prospettiva “Il ritorno di Ulisse”.
Come si ricorderà, Ulisse opera la propria vendetta dopo esser riuscito ad entrare nella dimora occupata dai Proci mascherandosi da mendicante, e facendosi riconoscere dal proprio figlio solo in un momento successivo.
L’obiettivo della psicoterapia praticata nel mio studio non è ovviamente la vendetta, né, tanto meno, la ripresa dei rapporti coniugali con l’ex partner, ma –ed esclusivamente– il recupero più o meno vicino della relazione con i propri figli.
Recupero che può avvenire solo quando il genitore cosiddetto “alienato” accetta di comportarsi come Ulisse, mascherandosi cioè da mendicante senza alcuna -immediata- pretesa.
La psicoterapia praticata nel mio studio per poter far fronte ad un contesto genitoriale cosiddetto “alienante”, presuppone dunque un allenamento alla rinuncia ad ottenere “ragioni” e “vittorie” nell’immediato, e la capacità di sviluppare comunicazioni affettive valide in assenza di rapporti frequenti e duraturi.
Per comunicare il nostro amore ad un figlio, può bastare mezza parola, se sincera, nell’arco di settimane e mesi.
Anche se amarissima, nella mia lunga esperienza solo questa è la strada più proficua da percorrere se si vuole recuperare, in un futuro più o meno vicino, la relazione con i figli allontanatisi a causa di un conflitto con l’altro genitore.
PSICHIATRIA FORENSE DELLE SEPARAZIONI
Il mio impegno professionale nel campo dei conflitti in corso di separazioni coniugali e genitoriali comporta anche la possibilità di operare come consulente di parte nel corso di contenziosi giudiziari per l’affido di minori, o nel corso di procedimento anche di altro tipo al cospetto del Tribunale dei Minori.